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lunedì 10 settembre 2012

Poesia del dissenso - Recensione di Daniela Raimondi

Daniela Raimondi. Recensione di Poesia del dissenso.

Poesia del dissenso

La poetica di Erminia Passannanti


La poesia di Erminia Passannanti, unica voce femminile nella raccolta, usa un linguaggio altamente evocativo ed emotivo. Nel suo spazio poetico si annulla totalmente la divisione fra il dentro e il fuori, fra il corpo e il mondo. Qui la voce del dissenso acquista un’impronta di carnalità dolente e sofferta che sembra rimbalzare continuamente fra la realtà esterna e il malessere interiore, che viene percepito in modo viscerale.

Una fisicità sofferta e viva, ma sempre accompagnata dall’affannosa ricerca di una realtà al di là dell’inganno, al di là di un’esistenza ostile e spesso incomprensibile: ‘Mi faccio strada tra sassi ed erbacce/ La bocca spalancata ai petali/ Che esigono vita/ Il respiro la spiegazione di cosa/ Sia sangue terra acqua.”
Questa fisicità, sofferta ma profondamente viva, si contrappone con forza alla staticità arida e sterile del mondo:
“Non sono morta giaccio Con le mie perle al collo Una perla per ogni anno Perle negli occhi inganno Su questa nebbiosa pianura.”


Un mondo che, nei versi di Erminia Passannanti, viene percepito come mero teatro della falsità. Frequenti, infatti, i riferimenti alla teatralità, alla commedia in cui veniamo trascinati “per mano d’una teatralità/corale...copiata somiglianza/ e trasformazione del vero/ commedia della tragedia...

Ma il palcoscenico come pietra negli occhi/di quest’opera di umana prece/era deserto.” A questa finzione Passannanti contrappone immagini di elementi primari che sembrano riportarci a un mondo ancora intatto: sangue terra acqua, e a questi si aggiungono spesso elementi corporei: ossa, ventre, bocca spalancata, lingua, piedi, occhi, utero.

Elementi tangibili, vivi persino nelle loro funzioni più degradanti: ‘addome inflato,... budello che espelle una nerastra cannula...’. Sempre contrapposti con grande forza sensoriale ed evocativa alla falsità che ci viene quotidianamente somministrata.


Anche nei testi di Erminia Passananti sono frequenti i riferimenti a una religiosità che risulta essere lontana dai bisogni spirituali degli uomini e particolarmente repressiva nei confronti della donna. Una religione che ha perso ogni segno di umanità e di ‘pietade’. La Madonna è spaventosa, un feticcio di pietra freddo e inflessibile: “Di marmo era, e senza alcun rimpianto”. Nella poesia Correcta la crudeltà di un sistema religioso punitivo e istituzionalizzato mostra il suo lato più oscuro e il suo carattere particolarmente oppressivo nei confronti della donna, mortificando sopra ogni cosa la sua femminilità:
“dopo quaranta giorni, con purissima acqua Come all’ingresso d’una vita nuova, Si lavi il ventre della condannata, Il suo ventre defunto, Come si laverà quello futuro: Ella riprenderà abiti e brache.”


La figura femminile risulta dunque doppiamente vittima e doppiamente dissidente perché oppressa sia come individuo sia come sesso da un potere sociale che, nel caso della donna, diventa anche controllo sessuale:
“In altri spazi mi muovo, alterata.

La veste a sciupare un’innocente rosa Giungendo ad impedirne La stagione di sposa
Per una mano d’una teatralità Corale da ricondurre Agli esiti del corpo In purezza.”
Ma il dissenso della Passannanti non diventa mai un grido nichilista e autodistruttivo.

Nei suoi versi traspare un costante percorso di auto analisi, di puntigliosa ricerca lungo un “pelleggrinaggio dell’auto scoperta” spesso spietata, spesso impedita dai limiti della parola che può portare solo “alla soglia della pretesa”, o da un’arte che rischia di diventare un altro palcoscenico di finzioni e futili ripetizioni. Eppure nei suoi testi è presente il suo credere nell’uomo, nel suo pensiero e nella capacità rigeneratrice del dolore: “Ci si deve perdere/Per ritrovarsi”, dice il poeta. Noi siamo gli attori, partecipi e vigili sul palcoscenico del mondo, non solo riproduzioni, cloni, ma forza creatrice e rinnovatrice in continua evoluzione e movimento:
“Essendo io l’attore. Non mera riproduzione Imitazione riconoscimento Rinnovante. Di piedi dotato, e genuino Motivo del ragionamento.”

“Ci si deve perdere per ritrovarsi.” La sua silloge è un percorso di auto analisi che riflette, in modo laico e in tono dissidente, il percorso di purificazione della protagonista di Correcta. Nonostante tutto, non siamo morti. Non macchine, ma sostanza viva: sangue, terra, acqua. E pensiero. Forse non esiste forma più forte ed efficace di dissenso che l’inesauribile capacità di creazione e di rigenerazione che fa così visceralmente parte dell’universo femminile, e che traspare dai versi dell’autrice con grande efficacia ed energia.

Recensione di Daniela Raimondi, London, UK.